La statua di Atena Troiana a Castro e la scoperta della “pietra leccese”

di Francesco D’Andria

La nave era partita, due giorni prima, dal porto di Taranto, la grande metropoli del Mediterraneo, negli anni trenta del IV sec. a.C. Aveva imbarcato un carico di anfore vinarie, destinato alle città della Messapia sulla costa adriatica e il nocchiero aveva accettato di trasportare anche un gruppo di scultori, con i loro attrezzi di lavoro, sino al Santuario di Atena, situato sul promontorio iapigio, nella parte meridionale della penisola salentina, dove oggi sorge l’abitato di Castro. Agli artigiani era stato affidato l’incarico di realizzare la statua di culto di Atena e tutta la decorazione scultorea del santuario.

Dopo le spiagge sabbiose dello Ionio, la nave aveva costeggiato le rocce a picco di Leucopetra e, subito dopo, nel punto in cui le terre dei Balcani si avvicinano all’Italia, formando uno stoma, l’imboccatura dell’Adriatico, ecco stagliarsi all’orizzonte il tempio della dea, sull’alta collina di pietra, a dominare le rocce turrite, contro cui si infrangono i flutti,e la piccola insenatura, curvata ad arco dalle onde d’oriente. E quando la nave entra nel porto, che si apre proprio sotto la collina del santuario, ”refugitque ab litore templum”, “il tempio arretra da riva” e non è più visibile, come nella celebre descrizione di Virgilio nel libro III dell’Eneide, che racconta il primo arrivo di Enea e dei profughi troiani sulle coste dell’Italia, e che l’archeologia permette ora di ubicare con certezza a Castro.

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