Di mestiere faccio il linguista 13. Cannibalismo linguistico

di Rosario Coluccia

Nell’articolo della scorsa settimana abbiamo parlato dei cambiamenti introdotti nella lingua italiana dalla pandemia; un lettore mi chiede di parlare di «booster», parola che in queste settimane ascoltiamo e leggiamo continuamente. Come in questi casi. Ad un epidemiologo l’intervistatore chiede: «Come avviene la scelta del booster da somministrare?»; e l’intervistato risponde: «I vaccini autorizzati in Italia per la dose di richiamo sono i due vaccini a mRna». In un giornale leggo: «Tenuto conto della condizione di aumentata circolazione virale nel periodo invernale e della ripresa della curva epidemica e in un’ottica di massima precauzione, l’indicazione è di procedere alla somministrazione di una terza dose di richiamo (booster) dopo 5 mesi dal completamento del ciclo vaccinale».

I due esempi sono perfetti per rispondere alla domanda del lettore: booster (termine inglese finora praticamente sconosciuto) può essere sostituito con richiamo (parola italiana che tutti conoscono). Nei pezzi sopra riportati i due termini, booster e richiamo, vengono usati entrambi. Il Gruppo Incipit dell’Accademia della Crusca (costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa) esamina e valuta neologismi e forestierismi ‘incipienti’ nel campo della vita civile e sociale, termini stranieri visti nella fase in cui si affacciano nella nostra  lingua, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani. In un comunicato di Incipit è scritto: «Appare inutile e incomprensibile l’uso di booster, se rivolto al grande pubblico. Circola in una miriade di comunicazioni giornalistiche, ma anche in avvisi e dichiarazioni di autorità sanitarie impegnate nella lotta contro la pandemia da Sars-Cov-19». Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia, aggiunge: «La diffusione indiscriminata e acritica, tramite media, del termine booster da solo, senza l’equivalente italiano, che pure esiste, mostra che ancora una volta si è persa una buona occasione per aiutare gli italiani a capire facilmente quello che viene loro proposto, combattendo meglio, grazie a ciò che è già linguisticamente ben noto, eventuali timori o resistenze. L’abuso del termine booster rappresenta dunque prima di tutto un errore nella comunicazione sociale». È così. Richiamo è parola conosciuta e familiare agli italiani: in campo medico sono comuni i richiami dell’antitetanica, e tutti capiscono. 

Ogni volta che affiora, in un modo o in un altro,  in questa rubrica o altrove, il tema della presenza degli anglicismi nella lingua italiana fioccano le reazioni dei lettori, il tema appassiona. Alcuni si dichiarano favorevoli: non dobbiamo scandalizzarci, il fenomeno linguistico è solo il riflesso di fenomeni più grandi. La globalizzazione riguarda tutti, ad essa è impossibile sottrarsi (se vogliamo mantenere il nostro modello di vita “occidentale”). Comunicare nella società globale richiede una lingua comune: quella lingua è l’inglese (o meglio l’anglo-americano) e la sua forza influenza le lingue nazionali. L’inglese è oggi la lingua mondiale, non si discute.

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