Su D’Annunzio e la Comarella di Lina Iannuzzi

di Antonio Lucio Giannone

            D’Annunzio e la Comarella (Pescara, Ianieri, 2008) è l’ultimo libro (per ora) di Lina Iannuzzi, già docente di Letteratura italiana prima nella Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’Università di Bari e poi in quella di Magistero dell’Università di Lecce. Nelle sue numerose pubblicazioni si è occupata della cultura lombarda dell’800 attraverso gli studi sul “Crepuscolo” e sul carteggio Tenca-Maffei; della cultura letteraria in Piemonte, sempre del secolo diciannovesimo, attraverso il saggio su Eugenio Camerini; e poi ancora di Verga, d’Annunzio e di altri scrittori del ‘900, tra i quali figura anche il salentino Fabrizio Colamussi. Negli ultimi tempi poi ha scoperto una vena narrativa pubblicando un romanzo, Una storia del Novecento (2002), e una raccolta di racconti, Sulle tracce di Pitagora (2005).

            Ora, a quale genere appartiene questo libro? A quello critico o a quello narrativo? Si tratta cioè di un saggio, di uno studio o di un racconto? Ebbene, mi sembra che D’Annunzio e la Comarella si ponga a mezza strada tra un saggio critico e un testo di narrativa, coinvolga cioè i due aspetti dell’attività letteraria di Lina Iannuzzi, e questa è la sua prima caratteristica. Un’altra caratteristica, come vedremo meglio in seguito, è la componente autobiografica che emerge dalle prime pagine dell’opera.

            Ma vediamo più da vicino di che si tratta. Il libro è innanzitutto la ricostruzione della vita o, per meglio dire, di una parte della vita di una donna, Antonietta Pesenti, sposata con Guido Treves, nipote di Emilio Treves, il più importante editore degli ultimi decenni dell’800 e dei primi del ‘900, l’editore di Verga, D’Annunzio, Pirandello, Deledda, De Amicis e di tanti altri scrittori italiani di quel periodo, tra i quali mi piace ricordare anche il nostro Michele Saponaro. Ma D’Annunzio e la Comarella è anche la rievocazione, sia pure per rapidi cenni, dell’ambiente culturale milanese dai primi decenni del ‘900 fino agli anni Sessanta, e soprattutto di un rapporto umano e intellettuale tra il più noto letterato italiano di quegli anni, Gabriele d’Annunzio, e la protagonista di questa storia, Antonietta. Un rapporto che viene ricostruito da Lina Iannuzzi con grande sensibilità e delicatezza tutta femminile attraverso le lettere dei due, evitando ipotesi basate sul gossip, sui pettegolezzi, sempre possibili trattandosi di una personalità come quella del Vate abruzzese, come d’altra parte è stato fatto da altri biografi dannunziani.

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