Di mestiere faccio il linguista 15. Perché l’esame di maturità non può prescindere dalla prova scritta di italiano

Non dobbiamo pensare che ai concorsi per magistrato ci sia una concentrazione anomala di laureati in guerra con l’italiano. Succede così anche in altri campi, non scrivono meglio (in media) avvocati, commercialisti, medici e ingegneri. Anche gli scritti dei giornalisti agli esami per l’abilitazione professionale traboccano di errori marchiani. Mario Nanni, giornalista parlamentare, già capo della redazione politica dell’ANSA, commissario alle prove per giornalista, considera requisito fondamentale «la qualità e l’esattezza della scrittura, vista non solo come cifra stilistica ma anche come sigillo tecnico-professionale» (ne scrive nel libro «Il curioso giornalista», p. 12). E dai temi degli aspiranti professori emergono spesso scarsa capacità di comunicazione scritta (in termini di pertinenza, chiarezza e sequenza logica) e carenza nell’elaborare un testo in modo organico. Addirittura errori grossolani, che sorprendono in maniera più acuta per il tipo di concorso di cui parliamo, una selezione tra chi si candida a insegnare. Sono discorsi generici, so bene. Fortunatamente, l’incapacità di scrivere non coinvolge per intero le categorie professionali che abbiamo elencato prima, ci mancherebbe. Le eccezioni non sono poche, anzi. E tuttavia il problema “scarso possesso della lingua italiana scritta” esiste e riguarda segmenti significativi della nostra società.

Ne discende una constatazione obiettiva, per quanto dolorosa. La scuola e l’università non preparano a sufficienza, i giovani (futuri adulti) non sanno scrivere. Bisogna seriamente riflettere su quello che succede nell’universo scolastico, senza catastrofismi e senza indulgenze. Guardando con favore a iniziative che promuovono  attività serie di formazione per i docenti e puntano al miglioramento del sistema. Vagliando accuratamente, distinguendo il buono dal pessimo. Diffidando di chi chiede tasse di iscrizione a corsi e a master squalificati, che arricchiscono gli organizzatori e rilasciano diplomini senza valore, luccicanti solo per la burocrazia. Non chiedono soldi per i loro corsi di alta qualificazione Accademie come i Lincei e la Crusca, Società come la Dante Alighieri, associazioni come l’Associazione per la storia della lingua italiana, l’Associazione degli italianisti e poche altre.

 È doveroso lanciare l’allarme quando all’orizzonte si profila qualcosa di sbagliato, le iniziative inopportune vanno fermate. In una petizione con decine di migliaia di firme, studenti dell’ultimo anno delle superiori hanno chiesto a Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione, di non reintrodurre negli esami di maturità le prove scritte sospese dal 2020 a causa della pandemia. Petizione (giustamente) respinta, a quanto se ne sa. Il rifiuto degli esami scritti da parte dei maturandi si collega al pansindacalismo improprio che affligge la scuola italiana, con studenti e genitori scatenati a richiedere facilitazioni e voti sempre più elevati. Si vedano i risultati degli esami di stato, le percentuali altissime di studenti maturati con il massimo dei voti e (sulla scia) il numero esorbitante di lauree con 110 e lode ottenute dai laureati delle università italiane. Se i meriti acquisiti sulla carta corrispondessero alla realtà i concorsi non avrebbero i risultati deludenti che dicevamo all’inizio.

Torniamo al punto appena toccato, l’abolizione dello scritto alla maturità. Sono contrario. Esporre per iscritto il proprio pensiero non è un banale movimento della mano su un foglio (o sulla tastiera di un computer o su un tablet). A conclusione di una fase importante del percorso scolastico, prima di iscriversi all’università o immettersi nel mondo del lavoro, i ragazzi devono dimostrare di aver acquisito la capacità di esporre per iscritto i propri pensieri, in forma ben strutturata e ben argomentata. La scrittura richiede una serie di passaggi psicologici e cerebrali fondamentali per la maturazione dell’individuo. Quando scriviamo siamo costretti a riflettere, a dare ordine al pensiero, a razionalizzare le informazioni; è necessario fermarsi, interrogarsi, confrontarsi con i depositi della memoria e delle conoscenze. L’oralità è, per certi aspetti, più semplice (ce lo ricorda Roberto Antonelli, Presidente dell’Accademia dei Lincei, in un articolo intitolato «Cari ragazzi, scrivere non è un dramma», https://www.linceiscuola.it/news-progetto).

L’esame della maturità non può prescindere dalla prova scritta.

[“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 16 gennaio 2022]

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