Leggere racconti per raccontarsi. Prendendo spunto dalla scrittura di Lina Iannuzzi

di Giovanni Invitto

Il Duomo barocco di Pescia. In alto sullo sfondo il borgo di Uzzano.
Copyright Marco Ramerini.

Il volume di Lina Iannuzzi, Sulle tracce di Pitagora. Storie brevi (Ibiskos, Empoli 2005, pp. 128) mi ha riproposto memorie, riflessioni, progetti. Da tempo per motivi istituzionali – prima nel Consorzio Universitario Salentino poi nel Centro di Studi Salentini – seguo dei progetti sulla scrittura femminile salentina, progetti ideati e curati da Rosanna Basso e Marisa Forcina.

Nella ricerca del Centro sono stati previsti anche alcuni “medaglioni” dedicati a scrittici salentine, cioè dell’area leccese, brindisina e tarantina. Su mia sollecitazione uno di quei profili, arricchito da un’intervista, era dedicato a Lina. Dico “era”, perché non so se quello scritto sarà mai pubblicato in quanto la giovane curatrice l’ha abbandonato, presa da altri impegni di lavoro. Cose che capitano (ma che non dovrebbero capitare).

Ho conosciuto Lina Iannuzzi come collega universitaria, discreta nelle relazioni umane, come discreto e “antico” è il suo stile di scrittura. Importanti le sue opere di critica letteraria di cui ricordo soprattutto quelle dedicate a Verga, uno degli autori da me più amati, e D’Annunzio che inserisco tra quelli meno amati, pur essendo io un ricorrente lettore, forse demodé,della poesia decadentistica e, addirittura, crepuscolare.

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