Eugenio Montale tra Genova e Firenze (con due lettere inedite a Michele Saponaro)

di Antonio Lucio Giannone

Le due lettere inedite di Eugenio Montale, che qui si pubblicano, risalgono ai mesi di febbraio-marzo 1927 e sono conservate nell’Archivio Saponaro, custodito attualmente presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento.  Esse forniscono informazioni preziose su una fase cruciale della vita e dell’attività del poeta ligure, che proprio in quel periodo si trasferisce definitivamente da Genova a Firenze dopo aver ottenuto un impiego come consulente letterario presso la casa editrice Bemporad.

Il suo corrispondente,  Michele Saponaro,  era in quegli anni  una figura assai nota negli ambienti letterari italiani.  Nato a San Cesario di Lecce nel 1885, dopo aver esordito con due raccolte di racconti, Le novelle del Verde (1908) e  Rosolacci (1912), aveva raggiunto un’improvvisa notorietà in campo nazionale nel 1914 col  primo romanzo, La vigilia, al punto che il maggiore editore del tempo, Treves, lo aveva invitato a scriverne un altro, che apparve nel 1919 col titolo di Peccato. Sette mesi di vita rustica.  Da allora Saponaro, che passò subito dopo alla Mondadori, arrivò a pubblicare un libro all’anno, affermandosi tra i narratori più  letti in Italia degli anni Venti-Trenta. Le sue opere, peraltro, vennero recensite e apprezzate anche dai critici più autorevoli ed esigenti di quel tempo, come  Emilio Cecchi, Giuseppe Antonio Borgese, Pietro Pancrazi.  Cecchi, fra l’altro, fu l’estensore della voce a lui dedicata, apparsa sull’Enciclopedia Treccani nel 1936, che rappresenta il segno della vasta popolarità raggiunta in quel periodo[1].  Dal 1918 al 1920 Saponaro diresse di fatto, in qualità di redattore unico, la «Rivista d’Italia», che da Roma si era trasferita a Milano, promuovendone il rinnovamento attraverso l’invito alla collaborazione rivolto ai più noti rappresentanti della cultura nazionale e ad alcuni dei maggiori scrittori italiani[2]. La sua firma compariva frequentemente su numerosi quotidiani e riviste del tempo. Intorno alla metà degli anni Trenta Saponaro, che morì a Milano nel 1959, abbandonò la narrativa per dedicarsi alla stesura di una serie di biografie, le quali ebbero anch’esse una favorevole accoglienza presso i lettori[3].

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