Gli Atti della Giornata di studi «La poesia dialettale di Nicola G. De Donno»

Dalla prima raccolta si passa agli ultimi due libri di versi, Palore (1988-1998) e Filosofannu? Cu lle vite, la Vita? Ma la Vita è scura (2002), oggetto della riflessione del curatore del volume, Antonio Lucio Giannone. Entrambi appaiono accomunati da una riflessione esistenziale sull’io, sul senso della vita umana, poiché come ha sostenuto Donato Valli «tutta la poesia di De Donno si arrovella intorno all’insolubile problema dell’essere, alla ricerca di un senso da dare alla vita, alla storia, al tempo in generale» (p. 61). D’altra parte, come mette in rilievo Giannone, in questo periodo si accentua la tendenza del poeta verso il poetare-filosofare, già insita nella sua formazione filosofica. La visione dell’esistenza che emerge dalle raccolte è dominata da un assoluto nichilismo, poiché sulla vita, il senso della quale appare inesistente, incombe fin dal momento della nascita la minaccia della morte. Pur nella completa assenza di una prospettiva teleologica, l’ultima raccolta sembra aprire uno squarcio nel profondo nichilismo, evidenziando una forma di inesplicabile vitalismo. A far da contraltare alla negatività della concezione esistenziale è la vitalità, la ricchezza della materia trattata con un’elevatissima perizia retorica, linguistica e metrica.

L’intervento di Maria Teresa Pano ritorna alla prima fase dell’opera dialettale del poeta, con un’analisi della raccolta Paese (1979), in cui si delinea un’entità fisica e metafisica allo stesso tempo. Come sosteneva in modo particolare Mario Marti, il paese dedonniano non si identifica con Maglie, ma con «una sorta di metapaese, o di paese metastorico, metageografico» (p. 88), per cui Maglie assurge ad ambientazione di carattere universale. D’altronde lo stesso Sud non si configura come locus amoenus dell’idillio, ma come un ambiente fisico che riflette l’io e i sentimenti del poeta, in una geografia interiore che appare dominata dalla forza violenta della natura, «in una cornice drammatica di oggetti immobili, arsi, di uomini provati dalla fatica del lavoro della terra e dalla sofferenza di una vita sempre uguale, di una eterna condanna» (p. 91). La successiva relazione, di Walter Vergallo, pone al centro dell’attenzione quello che con un «ossimorico sintagma» viene definito «epos dell’umile» (p. 97). Tale poetica presenta essenzialmente due diramazioni: quella dell’io-noi-paese, sviluppato soprattutto nelle prime raccolte Cronache e paràbbule e Paese, e quella dell’io-noi-guerra, dominante in La guerra de Utràntu (1988) e Lu Nicola va a lla guerra (1994).

Segue il contributo di Simone Giorgino, dedicato alla raccolta La guerra de Utràntu. Si tratta di una raccolta particolarmente importante, poiché da una parte segna il debutto del poeta in una prestigiosa casa editrice, «All’insegna del pesce d’oro» di Vanni Scheiwiller, come opera prima della collana «Piccola biblioteca di Otranto» diretta da Maria Corti, e dall’altra riprende un argomento centrale nella storia locale, l’invasione turca e l’eccidio dei martiri di Otranto del 1480.

Tale episodio viene ricondotto da De Donno alla dimensione umana di una resistenza consapevole all’ingiustizia e alla sopraffazione da parte della povera gente, configurandosi come un sacrificio più laico che religioso, in nome dei valori su cui si fondava la comunità. In questo modo è l’intera comunità a diventare protagonista di «un’epica della genticeḍḍa» (p. 127), poiché proprio l’invasione turca contribuisce al rafforzamento dal basso del senso di appartenenza e alla nascita dell’autocoscienza della gente del Salento.

Il tema della guerra, al centro delle raccolte La guerra guerra (1987) e Lu Nicola va a lla guerra, viene affrontato in maniera approfondita e messo in relazione con le componenti essenziali della poetica dell’autore nell’intervento di Fabio D’Astore, seguito dal contributo-testimonianza di Vittorio Zacchino, che riprende il tema della ricostruzione storica e dell’interpretazione poetica dei fatti di Otranto, innalzando il martirio della genticeḍḍa a modello di identità nazionale.

Con l’ultima relazione, Antonio Romano richiama l’attenzione sulla tecnica scrittoria, con particolare riferimento alla norma grafica e alla ricerca linguistica, della produzione dialettale di De Donno, che costituisce «un insieme coerente e rigoroso di convenzioni di rappresentazione del dialetto magliese e salentino in generale» (p. 13). Il volume è chiuso da due testimonianze: quella di Anna Grazia d’Oria, che si sofferma sull’impegno civile e sulla scelta ideologica del dialetto del poeta, e quella di Maria Rita Bozzetti, dedicata a De Donno come Maestro di scrittura e di vita.

[Recensione a AA.VV. La poesia dialettale di Nicola G. De Donno. Atti della Giornata di Studi (Maglie, Lecce, 18 aprile 2015), a cura di Antonio Lucio Giannone, Lecce, Milella 2016 – ISBN: 978-88-7048-621-6, pubblicata in “Oblio”- Osservatorio Bibliografico della Letteratura Italiana Otto-novecentesca, Periodico trimestrale on-line, Anno VII, n. 28, Inverno 2017, pp. 181-182.]

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