La Spagna come metafora nell’opera di Vittorio Bodini e Leonardo Sciascia

di Irene Pagliara

La Spagna costituisce una tappa fondamentale nel percorso letterario di Vittorio Bodini e Leonardo Sciascia. Tuttavia, pur trattandosi di un aspetto la cui importanza è stata pienamente riconosciuta per l’autore salentino, lo stesso non può dirsi per quanto riguarda il racalmutese, di cui si è privilegiata per lungo tempo l’analisi dei rapporti culturali con la Francia. La Spagna non solo rappresenta per i due autori un fertile humus attraverso la sua straordinaria tradizione letteraria, ma oltre ad essere collocata al centro di due testi che potremmo definire “odeporici” – Corriere spagnolo[1] e Ore di Spagna – costituisce un riferimento disseminato un po’ in tutta la produzione dei due autori e un leit-motiv dominante nel carteggio che copre un arco temporale compreso tra il 1954 e il 1960.[2]

Bodini e Sciascia sono due autori indubbiamente molto differenti ma, pur tenendo sempre presenti le rispettive peculiarità, è possibile trovare nei loro percorsi letterari dei punti di coincidenza. Innanzitutto si tratta di due intellettuali che possiamo definire “provinciali”, in quanto collocati ai margini dei circuiti letterari che gravitavano attorno alle capitali culturali italiane, quali Milano e Firenze. Una condizione, quella di provinciali, vissuta inizialmente in maniera estremamente sofferta, soprattutto da Bodini. Il poeta, infatti, ebbe a suo stesso dire un rapporto di “colluttazione” con la «squallida geografia in cui viviamo senza esserci ancora risolti se ad amarla o ad odiarla»[3] e ciò lo portò ad allontanarsi da essa con un risentimento destinato a trasformarsi progressivamente in “rancore”. Proprio il passaggio attraverso Firenze e Roma, ma soprattutto il cammino formativo costituito, sia a livello umano che a livello letterario, dalla permanenza spagnola costituiscono una tappa emblematica ai fini del recupero, o meglio della “riscoperta”, della propria terra.

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